giovedì 30 aprile 2009

PRIMO MAGGIO 2009

Basteranno un concerto in piazza e le altre manifestazioni in giro per l'Italia a far dimenticare la crisi del Sindacato agli italiani ?
No, non basteranno.
Pur avendo creato e sostenuto uno dei più forti sindacati del mondo, i lavoratori italiani si ritrovano con gli stipendi più bassi d' Europa e di conseguenza con le pensioni più basse d' Europa.
E tutto questo ci deriva dopo un periodo di sostanziale stabilità finanziaria internazionale.
Oggi, in piena crisi mondiale, il Popolo dei Lavoratori osserva proccupato il Governo che naviga in una burrasca perfetta senza la bussola. Vuol fare il Ponte sullo Stretto o non lo fa? Vuol fare il nucleare o non lo fa? Vuol portare Obama tra i terremotati o l'ha deciso e si è già pentito? Spostando il G8 da La Maddalena a L'Aquila si risparmia davvero? Ricostruirà L' Aquila o la sposterà visto che è collocata su di una faglia pericolosa? Incrementerà il debito pubblico per andare in soccorso di chi perde il lavoro oppure starà a guardare? Dubbi inquietanti, molta rassegnazione in giro.
Ma i lavoratori osservano anche il Sindacato e si domandano: Ma la Cisl e la UIl lo sanno quello che stanno facendo? Vogliono veramente spaccare defintivamente il Sindacato per trenta denari? E la Cisl di Bologna, che invita l'Arcivescovo di Bologna a presiedere le sue Assemblee, lo sa quello che sta facendo ? Nelle scuole, mi dicono, non si studia più la geografia, ma qualcuno ha messo da parte anche i libri di storia, mi pare. Ma allora, se mettiamo da parte i libri di storia e vogliamo fare una grande ammucchiata, ha proprio ragione Berlusconi: mettiamo a dirigere anche le Assemblee sindacali le veline altissime, bellissime e purissime.

mercoledì 22 aprile 2009

PS. “Gabbiani nella Tempesta”

PS. Ho gia' letto il romanzo “Gabbiani nella Tempesta” e se qualcuno vuole prenderlo in prestito, lo portero' al prossimo incontro. Mi dispiace che non ci saro' alla Gita del 25 Aprile, saro' in Germania (a cantare!). Buon 25 Aprile a tutti - soprattutto a quelli che si sono sacrificati per darci la nostra Costituzione.

La Notte che Conquistai la Liberta' - La liberazione di Bologna 24 Aprile

LA NOTTE CHE CONQUISTAI LA LIBERTÀ

La Liberazione di Bologna raccontata da immagini d’epoca e resoconti dei testimoni

-Fotostoria per immagini della liberazione di Bologna. Commenta Vincenzo Palermo, scrittore.

-Lettura ad alta voce di brani del romanzo “Gabbiani nella Tempesta”, ambientato a Bologna durante la Resistenza. Recita Tiziana Di Masi, attrice teatrale.

-Partigiani e cittadini raccontano la loro Liberazione.

Durante la giornata verranno raccolte firme contro la proposta di legge 1360, che vuole equiparare repubblichini di Salò e partigiani.

Presso il centro “G. Costa”

VENERDÌ 24 APRILE, ORE 15, VIA AZZO GARDINO 48, BOLOGNA (ZONA PORTA LAME).

INGRESSO GRATUITO.

Tel. 051/551278

Per maggiori informazioni:

WWW.BOLOGNALIBERATA.IT

ANPI-Sezione Sonilio Parisini, Quartiere Portoanpiporto@fastwebnet.it

Articolo Giorgio Bocca di oggi 22 Aprile


Questo l'inizio dell'articolo di oggi sulla Repubblica




lunedì 20 aprile 2009

25 aprile e COSTITUZIONE

Dal discorso di PIERO CALAMANDREI all' Assemblea Costituente

"QUANTO SANGUE, e quanto dolore, per arrivare a questa COSTITUZIONE !!

Dietro ad ogni articolo di questa COSTITUZIONE o giovani, voi dovete vedere giovani come voi:

caduti combattendo, fucilati, impiccati, torturati, morti di fame nei campi di concentramento,

morti in Russia, morti in Africa, morti per le strade di Milano, per le strade di Firenze, che hanno

dato anche la vita affinchè LA LIBERTA' E LA GIUSTIZIA potessero essere scritte su questa

carta. Quindi quando vi dicono che questa è una Carta morta...NO, non è una carta morta!

Questo è un Testamento di CENTOMILA MORTI. Se voi volete andare in pellegrinaggio nel

luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i Partigiani, nelle

carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati.

Dovunque è morto un italiano per riscattare la LIBERTA' e la DIGNITA', andate lì, o giovani, col

pensiero, perchè lì è nata la nostra COSTITUZIONE.

sabato 18 aprile 2009

Non solo terremoto


I fatti dicono che tragicamente in Abruzzo sono morte quasi 300 persone, che molti edifici crollati non rispettavano le norme antisismiche fissate nel 1974, che l’applicazione di una legge del 2003 (chiamata “Norme tecniche per le costruzioni in Italia”) è stata continuamente prorogata dai governi succedutesi nel tempo e che, infine, l’ultima proroga è stata concessa proprio dall’attuale governo, provocando anche le inutili ire del ministro Alfredo Matteoli che si era dichiarato “assolutamente contrario”, così come - nel precedente governo - solo Di Pietro aveva espresso le sue critiche alla proroga.

L’importanza del rispetto delle norme antisismiche per costruzioni in territorio a rischio, risulta in tutta la sua evidenza, anche a noi profani, guardando la sottostante fotografia pubblicata dal Corriere del 14 aprile scorso.


Credo che qualsiasi commento sia del tutto superfluo.

Vorrei anche ricordare che martedì 31 marzo, all’Aquila, su richiesta del capo del Dipartimento della Protezione Civile Guido Bertolaso, si era riunita la Commissione Nazionale Grandi rischi e al termine dei lavori Bernardo De Bernardinis, vice capo del Dipartimento della Protezione Civile aveva comunicato: “La comunità scientifica conferma che non c’è pericolo, perché c’è uno scarico continuo di energia; la situazione è favorevole. Questa vicenda deve insegnare due cose: convivere con territori fatti in questo modo, cioè a rischi sismico; mantenere uno stato di attenzione, senza avere uno stato d’ansia”.

Dopo cinque giorni il disastro.

Ma invece di parlare di tutto questo, noi sentiamo televisione e giornali incensare la Protezione civile, che avrà sicuramente fatto il suo dovere di soccorritrice, ma “fare il proprio dovere” non mi sembra meriti particolari inni di gloria, così come non vengono glorificati tutti i dipendenti pubblici e privati, le casalinghe o i pensionati che svolgono con dedizione e precisione i loro compiti, ma anzi normalmente si discute, giustamente, su chi - nell’amministrazione pubblica, come in attività privata – approfitta di un rapporto di dipendenza per fare emergere la propria svogliatezza (fannulloni).

Recentemente Ferruccio De Bortoli sul Corriere (10.04.2009) ha scritto che “senza un’opinione pubblica consapevole e avvertita un Paese non è soltanto meno libero, ma è più ingiusto e cresce meno…. Il consumatore è meno protetto, il risparmiatore più insidiato…. Si discute molto, e a ragione, sugli eccessi dell’informazione. Si discute poco sui costi della non informazione… Colpisce che spesso la classe dirigente italiana, non solo quella politica, consideri l’informazione un male necessario. E sottostimi il ruolo di una stampa autorevole e indipendente. Tutti l’apprezzano e tutti la invocano quando i giornalisti si occupano degli altri, degli avversari e dei concorrenti. Altrimenti la detestano e la sospettano”.

A mio parere, invece di polemizzare del tutto fuori misura su una trasmissione televisiva e di sospendere un vignettista (sic), dovremmo riflettere sulla discrepanza tra le tesi di De Bortoli e la realtà della nostra informazione, rivolgendoci nel contempo una semplice domanda: come è possibile che in Italia si possano gabbare impunemente tutte le leggi senza che i cittadini-elettori, comunque vittime (fisiche e non) di queste lacune, esprimano una decisa reazione ?




giovedì 16 aprile 2009

ROMPETE IL SILENZIO

A tutti i Soci, Sostenitori e Amici,

è venuto il momento di rompere il silenzio e quindi commentate, scrivete, dibattete.

Gli argomenti sono tanti: Referendum Costituzionale

Terremoto e ricostruzione in Abruzzo

Crisi finanziaria mondiale e debito pubblico italiano

Elezioni europee e negli Enti locali

Tentazioni di Cesarismo e P 2

>> PER COMMENTARE SPINGERE QUI SOTTO SULLA SCRITTA 'commenti' e inserire il testo nella casella che comparirà sotto l'elenco dei commenti pubblicati <<

martedì 7 aprile 2009

Rompiamo il silenzio.
Mai come ora è giustificato l’allarme. Assistiamo a segni inequivocabili di disfacimento sociale: perdita di senso civico, corruzione pubblica e privata, disprezzo della legalità e dell’uguaglianza, impunità per i forti e costrizione per i deboli, libertà come privilegi e non come diritti. Quando i legami sociali sono messi a rischio, non stupiscono le idee secessioniste, le pulsioni razziste e xenofobe, la volgarità, l’arroganza e la violenza nei rapporti tra gli individui e i gruppi. Preoccupa soprattutto l’accettazione passiva che penetra nella cultura. Una nuova incipiente legittimità è all’opera per avvilire quella costituzionale. Non sono difetti o deviazioni occasionali, ma segni premonitori su cui si cerca di stendere un velo di silenzio, un velo che forse un giorno sarà sollevato e mostrerà che cosa nasconde, ma sarà troppo tardi.
Non vedere è non voler vedere.
Non conosciamo gli esiti, ma avvertiamo che la democrazia è in bilico.
Pochi Paesi al mondo affrontano l’attuale crisi economica e sociale in un decadimento etico e istituzionale così esteso e avanzato, con regole deboli e contestate, punti di riferimento comuni cancellati e gruppi dirigenti inadeguati. La democrazia non si è mai giovata di crisi come quella attuale. Questa può sì essere occasione di riflessione e rinnovamento, ma può anche essere facilmente il terreno di coltura della demagogia, ciò da cui il nostro Paese, particolarmente, non è immune.
La demagogia è il rovesciamento del rapporto democratico tra governanti e governati. La sua massima è: il potere scende dall’alto e il consenso si fa salire dal basso. ll primo suo segnale è la caduta di rappresentatività del Parlamento. Regole elettorali artificiose, pensate più nell’interesse dei partiti che dei cittadini, l’assenza di strumenti di scelta delle candidature (elezioni primarie) e dei candidati (preferenze) capovolgono la rappresentanza. L’investitura da parte di monarchie o oligarchie di partito si mette al posto dell’elezione. La selezione della classe politica diventa una cooptazione chiusa. L’esautoramento del Parlamento da parte del governo, dove siedono monarchi e oligarchi di partito, è una conseguenza, di cui i decreti-legge e le questioni di fiducia a ripetizione sono a loro volta conseguenza.
La separazione dei poteri è fondamento di ogni regime che teme il dispotismo, ma la demagogia le è nemica, perché per essa il potere deve scorrere senza limiti dall’alto al basso. Così, l’autonomia della funzione giudiziaria è minacciata; così il presidenzialismo all’italiana, cioè senza contrappesi e controlli, è oggetto di desiderio.
Ci sono però altre separazioni, anche più importanti, che sono travolte: tra politica, economia, cultura, e informazione; tra pubblico e privato; tra Stato e Chiesa. L’intreccio tra questi fattori della vita collettiva, da cui nascono collusioni e concentrazioni di potere, spesso invisibili e sempre inconfessabili, è la vera, grande anomalia del nostro Paese. Economia, politica, informazione, cultura, religione si alimentano reciprocamente: crescono, si compromettono e si corrompono l’una con l’altra. I grandi temi delle incompatibilità, dei conflitti d’interesse, dell’etica pubblica, della laicità riguardano queste separazioni di potere e sono tanto meno presenti nell’agenda politica quanto più se ne parla a vanvera.
Soprattutto, il risultato che ci sta dinnanzi spaventoso è un regime chiuso di oligarchie rapaci, che succhia dall’alto, impone disuguaglianza, vuole avere a che fare con clienti-consumatori ignari o imboniti, respinge chi, per difendere la propria dignità, non vuole asservirsi, mortifica le energie fresche e allontana i migliori. È materia di giustizia, ma anche di declino del nostro Paese, tutto intero.
Guardiamo la realtà, per quanto preoccupante sia. Rivendichiamo i nostri diritti di cittadini. Consideriamo ogni giorno un punto d’inizio, invece che un punto d’arrivo. Cioè: sconfiggiamo la rassegnazione e cerchiamo di dare esiti allo sdegno.
Che cosa possiamo fare dunque noi, soci e amici di Libertà e Giustizia? Possiamo far crescere le nostre forze per unirle alle intelligenze, alle culture e alle energie di coloro che rendono vivo il nostro Paese e, per amor di sé e dei propri figli, non si rassegnano al suo declino. Con questi obiettivi primari.
Innanzitutto, contrastare le proposte di stravolgimento della Costituzione, come il presidenzialismo e l’attrazione della giurisdizione nella sfera d’influenza dell’esecutivo. Nelle condizioni politiche attuali del nostro Paese, esse sarebbero non strumenti di efficienza della democrazia ma espressione e consolidamento di oligarchie demagogiche.
Difendere la legalità contro il lassismo e la corruzione, chiedendo ai partiti che aspirano a rappresentarci di non tollerare al proprio interno faccendieri e corrotti, ancorché portatori di voti. Non usare le candidature nelle elezioni come risorse improprie per risolvere problemi interni, per ripescare personaggi, per pagare conti, per cedere a ricatti. Promuovere, anche così, l’obbligatorio ricambio della classe dirigente.
Non lasciar morire il tema delle incompatibilità e dei conflitti d’interesse, un tema cruciale, che non si può ridurre ad argomento della polemica politica contingente, un tema che destra e sinistra hanno lasciato cadere. Riaffermare la linea di confine, cioè la laicità senza aggettivi, nel rapporto tra lo Stato e la Chiesa cattolica, indipendenti e sovrani “ciascuno nel proprio ordine”, non appartenendo la legislazione civile, se non negli stati teocratici, all’ordine della Chiesa.
Promuovere la cultura politica, il pensiero critico, una rete di relazioni tra persone ugualmente interessate alla convivenza civile e all’attività politica, nel segno dei valori costituzionali.
Sono obiettivi ambiziosi ma non irrealistici se la voce collettiva di Libertà e Giustizia potrà pesare e farsi ascoltare.
Per questo chiediamo la tua adesione.
http://www.libertaegiustizia.it/soci/socio.php

>> PER COMMENTARE SPINGERE QUI SOTTO SULLA SCRITTA 'commenti' e inserire il testo nella casella che comparirà sotto l'elenco dei commenti pubblicati <<